Appena entro in aula, lo percepisco subito. Gli sguardi sono assenti, tra la diffidenza e l’ironia. “Chi è questa?” — non lo dicono, ma lo pensano. Un’altra figura adulta, un’altra proposta da ascoltare senza troppo entusiasmo.
Ma basta poco per cambiare l’atmosfera. Inizio parlando di fumetti, di anime. “Quale state leggendo?” “Dai, io sono ancora alla prima serie!”
Si raccontano personaggi imperfetti che cadono, si rialzano, sbagliano, vincono. Parlo di un mondo che conosco bene, perché ne faccio parte. Anche se ho iniziato qualche decade fa, la mia passione per fumetti e manga è ancora viva. Mi ci sono rifugiata, riconosciuta, a volte persa e poi ritrovata.
Piano piano, questo i ragazzi lo sentono: capiscono che non parlo di loro, ma con loro. Non per insegnare, ma per esplorare insieme. E si crea così un ponte. Un’apertura. Un possibile dialogo.
Fumetto, non tecnica ma linguaggio
Nei laboratori che propongo, il fumetto non è mai fine a sé stesso. Non serve saper disegnare: serve guardare, sentire, raccontare, emozionare. Il fumetto accoglie: si può usare solo il tratto o solo le parole, si può partire da uno scarabocchio o da un ricordo. Si può essere buffi, assurdi, malinconici, poetici. Nel mondo extraordinario del fumetto, si può essere tutto quello che si vuole.
Attività semplici, come disegnare una scena quotidiana in 3 vignette, si rivelano capaci di rendere magico il quotidiano.
Quando un fumetto racconta più delle parole
Un giorno, durante un laboratorio scolastico, un ragazzo molto silenzioso — che, a detta dell’insegnante, aveva avuto un repentino peggioramento scolastico — crea una piccola striscia. Quattro vignette. Se stesso minuscolo, che entra in una casa buia. Due adulti lontani, che non lo salutano. Silenzio. Solitudine. Buio.
Non ha spiegato nulla. Ma il messaggio era chiaro. Quel fumetto ha dato forma a un malessere che non trovava voce. Le insegnanti hanno colto il segnale e si sono attivate.
Il fumetto è stato il ponte. Il punto di contatto. L’inizio di un cambiamento per quel ragazzo taciturno.
Uno spazio di rispecchiamento
Il fumetto, come ogni linguaggio artistico, lavora nel non detto. È fatto di ritmo e silenzi, di immagini che si susseguono, ma soprattutto di ciò che succede tra un’immagine e l’altra. In quello spazio bianco — il margine — si attiva l’immaginazione, la memoria, il vissuto personale.
Ogni ragazzo proietta se stesso nella storia. Ogni lettore partecipa, riempie i vuoti, trasforma.
Ecco perché il fumetto è uno strumento potente per l’intelligenza emotiva:
perché allena all’empatia
perché favorisce il riconoscimento delle emozioni
perché offre una metafora per dire la verità
perché trasforma il gesto creativo in occasione di ascolto, dentro e fuori di sé
Un’arte fluida e inclusiva
Il fumetto non ha regole fisse. Può essere autobiografico o inventato, narrativo o astratto. Si può scegliere uno stile realistico, oppure semplificare, sintetizzare, giocare con simboli, icone, onomatopee. E ogni scelta, dal colore alla disposizione delle vignette, diventa parte del messaggio.
È un linguaggio inclusivo, capace di accogliere neurodivergenze, insicurezze, silenzi. Un linguaggio che si plasma intorno a chi lo usa.
Il fumetto non giudica. Accoglie. Amplifica. Trasforma. Emoziona.
Una possibilità educativa
Nelle scuole, nei centri educativi, nei contesti informali, il fumetto diventa uno spazio sicuro per esprimersi. Non è invasivo, non chiede troppo, ma permette molto. Raccontare una giornata. Un’emozione. Un ricordo. Costruire un personaggio che attraversa qualcosa che somiglia — anche solo un po’ — a ciò che si sta vivendo.
Un invito alla memoria emotiva
Quando lavoriamo sul fumetto autobiografico, invito i ragazzi a osservare il proprio quotidiano. Annotare gesti, emozioni, dettagli. Raccogliere immagini minime, ma potenti.
Questa pratica stimola la consapevolezza, la rielaborazione, la capacità di trovare senso anche nei frammenti più piccoli. Ogni striscia è un pezzo di identità. Ogni tavola, un atto di cura.
E tu?
Se sei arrivatə fin qui, forse il fumetto ha toccato anche qualcosa di tuo. Magari ti ha ricordato una storia letta da ragazzə, una pagina che ti ha fatto ridere o piangere. Un personaggio che ti ha tenuto compagnia quando le parole non bastavano.
Che tu sia un’insegnante, un’educatrice, un educatore — o stia cercando un percorso individuale di arteterapia per te — il fumetto potrebbe essere una via.
Se vuoi parlarne o pensare insieme un progetto per la tua classe, scrivimi qui: 👉 info@arteterapiavenezia.com
E tu? Quale fumetto è stato importante o ti ha accompagnato nella tua vita?
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